Responsabilità in solido del committente: l’azione dell’Inps per il pagamento dei contributi non è soggetta al termine di decadenza
La disciplina della responsabilità in solido tra committente, appaltatore ed eventuali subappaltatori nell’adempimento degli obblighi retributivi e contributivi in favore dei lavoratori impiegati nell’appalto è stata al centro del dibattito giurisprudenziale e dottrinario fin dalla introduzione dell’articolo 29 del d. lgs. n. 276/2003 (ed anzi, prima ancora, fin dalla introduzione della Legge n. 1369/1960 in tema di interposizione illecita di manodopera).
Lo stesso legislatore è intervenuto più volte sul testo della norma, variandone il contenuto con plurime, successive, modifiche; ciò con il risultato che la medesima fattispecie, verificatasi in tempi diversi, è soggetta a diverso trattamento, in conseguenza della formulazione della norma ratione temporis applicabile.
Nel testo attualmente vigente il comma secondo dell’articolo 29 prevede che in caso di appalto (sia di lavori che di servizi) il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore e con ciascuno degli eventuali subappaltatori, entro il limite dei due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione dell’appalto. Non è più consentito al committente, in caso di eventuale contenzioso, eccepire la preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore e del subappaltatore (facoltà introdotta nel 2012 e rimasta in vigore fino al 17.3.2017).
L’intento perseguito dal legislatore con la norma in esame, pur se modificata nel tempo, è da sempre stato quello di implementare le tutele dei lavoratori impiegati nell’appalto rafforzando l’adempimento delle obbligazioni retributive e previdenziali; ratio della norma è infatti quella di incentivare un utilizzo più virtuoso dei contratti di appalto, inducendo il committente a selezionare imprenditori affidabili, per evitare che i meccanismi di decentramento e di dissociazione tra titolarità del contratto e utilizzazione della prestazione vadano a danno del lavoratore (Cass. 31768/2018).
La questione della responsabilità solidale tra committente ed appaltatore è stata di recente affrontata dalla Suprema Corte con particolare riferimento alla solidarietà sotto il profilo contributivo.
Il caso oggetto di giudizio prende le mosse da un verbale ispettivo con il quale l’INPS aveva ritenuto la responsabilità solidale del committente per il debito contributivo dell’appaltatore ammontante a 274.810,00 euro. A seguito del giudizio instaurato dal committente, in entrambi i gradi di merito era stata ritenuta l’inefficacia del verbale ispettivo per intervenuta decadenza in quanto, al momento della notifica della memoria riconvenzionale da parte dell’INPS, erano decorsi i due anni dalla cessazione dell’appalto.
La Suprema Corte ha ribaltato le due decisioni di merito, stabilendo che “il termine di due anni previsto dal D. Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, non è applicabile all’azione promossa dagli enti previdenziali, soggetti alla sola prescrizione”.
Secondo la Corte, infatti, l’obbligazione contributiva è distinta ed autonoma rispetto a quella retributiva, ha natura indisponibile e va commisurata alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva vigente, il cosiddetto “minimale contributivo” strutturato dalla legge in modo imperativo. Le peculiarità della obbligazione contributiva non sono coerenti con una interpretazione che, applicando l’istituto della decadenza anche all’ente previdenziale, comporterebbe la possibilità “che alla corresponsione di una retribuzione – a seguito dell’azione tempestivamente proposta dal lavoratore – non possa seguire il soddisfacimento dell’obbligo contributivo solo perché l’ente previdenziale non ha azionato la propria pretesa nel termine di due anni dalla cessazione dell’appalto”.
L’INPS può pertanto agire per il recupero dei contributi dal debitore solidale nel termine di prescrizione quinquennale e senza alcun termine decadenziale.
Il committente responsabile in solido, tuttavia, è tenuto alla corresponsione dei soli contributi e non anche delle sanzioni civili che rimangono a carico del solo soggetto inadempiente; ciò con riferimento agli inadempimenti contributivi successivi al 10.2.2012, mentre per gli inadempimenti precedenti a tale data la solidarietà resta estesa anche alle sanzioni. In questo senso si è infatti espressa un’altra recente pronuncia della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 20413 pubblicata in data 29.7.2019, ha affermato che la norma che ha escluso la solidarietà per le sanzioni (nella specie l’art. 21, comma 1, del D.L. n. 5/12 convertito dalla Legge n. 35/12) non ha valore di interpretazione autentica e, pertanto, non ha effetto retroattivo.