Arriva la certificazione della parità di genere con vantaggi economici e incentivi. Cos’è, come si fa, chi ne può beneficiare.
L’art. 46-bis della legge n. 162 del 5 novembre 2021 ha introdotto la “Certificazione della parità di genere” all’interno del Codice delle Pari Opportunità. Con l’adozione dei provvedimenti attuativi, ora i datori di lavoro (tutti) possono certificare le loro organizzazioni, attestando le politiche e le pratiche aziendali con cui concorrono a ridurre il divario di genere. E l’ordinamento li premia con sconti sui contributi previdenziali, punteggi premiali nei progetti finanziati, maggiori punteggi negli appalti pubblici.
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1. La parità di genere: un principio fondamentale, un motore di crescita, un obiettivo da incentivare
La parità di genere tra uomini e donne è oramai universalmente riconosciuta, anche sul piano istituzionale e normativo, come un principio fondante della vita democratica e insieme uno straordinario motore di crescita e uno dei capisaldi più rilevanti e urgenti dell’agenda di sviluppo sostenibile e progresso dei Paesi. E’ uno dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, è oggetto della Strategia Gender Equality 2020-2025 dell’Unione Europea, per la prima volta ha dato origine ad una Strategia Nazionale per la Parità di Genere all’interno dell’ordinamento italiano (quinquennio 2021-2026) secondo cinque priorità (Lavoro, Reddito, Competenze, Tempo, Potere), ciascuna contraddistinta da indicatori e valori target da raggiungere.
Nel PNRR la parità di genere rappresenta una delle tre priorità trasversali in termini di inclusione sociale, unitamente a Giovani e Mezzogiorno.
Proprio in ambito di appalti finanziati con le risorse del PNRR il legislatore aveva dato recentemente un forte segnale, rafforzando presenza e funzione del Rapporto sulla situazione del personale previsto dall’art. 46 del Codice delle Pari Opportunità, introducendo l’obbligo di una relazione di genere sul personale da presentare dopo la conclusione dell’appalto, e poi ancora introducendo requisiti necessari nonché meccanismi premiali e benefici per promuovere una maggiore partecipazione di donne (e di giovani) al mercato del lavoro.
In particolare, secondo l’art. 47 del D.L. n. 77/21 le stazioni appaltanti devono prevedere come requisito necessario dell’offerta l’obbligo di assicurare all’occupazione femminile e giovanile almeno il 30% delle assunzioni necessarie all’esecuzione del contratto, e possono prevedere punteggi aggiuntivi in sede di valutazione dell’offerta dell’operatore economico che si impegni ad assumere donne e giovani oltre la soglia minima del 30%, che utilizzi specifici strumenti di conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro per i propri dipendenti, che nell’ultimo triennio abbia rispettato i principi della parità di genere e adottato specifiche misure per promuovere le pari opportunità di genere, anche tenendo conto dei livelli retributivi e del conferimento di incarichi.
Dopodichè, l’azione del Legislatore e del Governo, volta ad incentivare la parità di genere con meccanismi premiali per gli operatori economici – la c.d. premialità di parità – non si è fermata al PNRR.
2. La Certificazione della parità di genere: cos’è e come si ottiene
Con una previsione di carattere generale, che riguarda tutti i datori di lavoro indistintamente, l’art. 4 della legge n. 162 del 5 novembre 2021 ha introdotto all’interno del Codice delle Pari Opportunità l’art. 46-bis che regola la “Certificazione della parità di genere”.
Si tratta di una vera e propria certificazione, volta ad attestare le politiche e le pratiche aziendali adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità.
Lo strumento dunque è innovativo, quanto all’oggetto e al fine per cui viene introdotto; ma al tempo stesso è uno strumento già noto e sperimentato in altri ambiti, il che può renderne a maggior ragione interessante – oltre che più agevole sul piano dell’esperienza concreta – l’attuazione e il conseguimento.
In cosa consiste la certificazione? Come si può ottenere?
La legge n. 162/2021, integrata dall’art. 1 comma 147 della Legge n. 234/2021, ha demandato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri l’individuazione dei parametri minimi per il conseguimento della certificazione, e il Ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia a ciò delegato ha provveduto con il Decreto del 29 aprile 2022, che è stato infine recentemente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 152 del 1 luglio 2022.
Il Decreto a sua volta recepisce i contenuti della Prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, una prassi (non una norma nazionale) risultato di un apposito Tavolo di lavoro istituito presso il Consiglio dei Ministri e coordinato dal Dipartimento per le Pari Opportunità.
A questa Prassi occorre dunque guardare, per definire il percorso che conduce alla Certificazione di parità di genere.
La Prassi UNI/PdR 125:2022 è denominata «Linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere che prevede l’adozione di specifici KPI (Key Performance Indicator – indicatori chiave di prestazione) inerenti alle politiche di parità di genere nelle organizzazioni».
Essa ha come obiettivo l’individuazione di virtuose pratiche aziendali di parità di genere e la regolamentazione dell’accesso alla certificazione; come dice la sua stessa denominazione, il sistema opera attraverso la definizione di una serie di indicatori di risultato, qualitativi e quantitativi, in relazione a sei Aree di valutazione.
Ogni Area ha un peso percentuale con cui si misurano il livello dell’organizzazione e poi gli stati di avanzamento nel tempo; per ciascuna Area sono identificati dei KPI (indicatori di prestazione) che misurano “il grado di maturità dell’organizzazione”.
Gli indicatori sono di natura quantitativa (delta % rispetto a un valore aziendale o nazionale o per tipo di attività-codice ATECO) e qualitativa (presenza o non presenza); ogni indicatore è associato ad un punteggio il cui raggiungimento viene ponderato per il peso dell’Area di appartenenza.
Le organizzazioni che raggiungono un punteggio minimo complessivo del 60% hanno accesso alla certificazione, che viene rilasciata da organismi di valutazione accreditati ai sensi del Regolamento (CE) n. 765/2008, i quali operano secondo regole di certificazione, acquisizione di documenti, audit dedicati.
Di seguito qualche esempio di indicatori nelle sei aree di valutazione:
- Cultura e strategia (peso 15%): implementazione di un piano strategico per un ambiente di lavoro inclusivo (20 punti); interventi formativi sulla differenza di genere (10 punti);
- Governance (peso 15%): definizione nella governance dell’organizzazione di un presidio sulle tematiche di genere (25 punti); presenza di esponenti del sesso meno rappresentato nell’organo amministrativo (20 punti);
- Processi HR (peso 10%): gestione di processi di gestione e sviluppo delle risorse umane a favore dell’inclusione (25 punti); presenza di referenti e prassi aziendali a tutela dell’ambiente di lavoro in riferimento a molestie e a mobbing (10 punti);
- Opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda (peso 20%): percentuale di donne con qualifica di dirigente (25 punti);
- Equità remunerativa per genere (peso 20%): percentuale di differenza retributiva per medesimo livello (40 punti); percentuale promozioni donne su base annua (30 punti);
- Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro (peso 20%): presenza di servizi dedicati al rientro post maternità/paternità (20 punti); presenza di servizi per favorire la conciliazione dei tempi di vita personale e lavorativa (35 punti).
3. La Certificazione della parità di genere: chi la può ottenere
La certificazione è uno strumento di applicazione generale, aperto all’intera platea dei datori di lavoro senza distinzioni: come recita la UNI/PdR, la certificazione può essere richiesta “da qualunque tipo di organizzazione, di qualsiasi dimensione e forma giuridica, operante nel settore pubblico o privato”. Sono escluse (solo) “le Partite IVA che non hanno dipendenti e/o addetti”.
E’ interessante sottolineare che, per rendere effettiva questa possibilità di accesso, la PdR classifica le organizzazioni in quattro fasce/cluster, suddivisi per numero di addetti: Micro (1-9); Piccola (10- 49); Media (50-249); Grande (250 e oltre).
Nella definizione dei set di indicatori, sono previste delle semplificazioni per gli appartenenti alle prime due fasce, cui alcuni indicatori non si applicano o si applicano con criteri meno rigorosi (ad esempio, la crescita nella percentuale di donne nell’organizzazione si calcola rispetto ai valori aziendali storici e non rispetto al valore medio della industry di appartenenza).
In questo modo, anche le organizzazioni meno strutturate o anche solo di più ridotte dimensioni possono accedere ai benefici della certificazione.
Va ricordato, da ultimo, che esistono anche alcune circostanze ostative al conseguimento della certificazione, tali da vietarne il riconoscimento pure se siano raggiunti i punteggi minimi richiesti. In particolare, il d.lgs. n. 105/2022 prevede un vero e proprio “impedimento” alla certificazione se risulti nei due anni precedenti alla richiesta il rifiuto, l’opposizione o l’ostacolo alla fruizione dei diritti relativi a congedo di maternità e paternità o per eventi e cause particolari, congedo parentale, permessi e riposi per disabilità.
4. La Certificazione della parità di genere: benefici, vantaggi, incentivi
La UNI/PdR 125:2022 (paragrafo “Obiettivi e strumenti”) ricorda che “il sistema economico funziona per incentivi”. Il meccanismo di premialità è un elemento centrale nella costruzione del sistema di certificazione di parità.
Non a caso, la “Premialità di parità” è stata già prevista fin dalla legge introduttiva della Certificazione, in particolare dall’art. 5 della legge n. 162/2021, che prevede in favore delle aziende private le agevolazioni e gli incentivi come di seguito elencati:
• (per l’anno 2022 e nel limite di 50 milioni di euro) è concesso un esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda; la legge espressamente prevede che l’esonero potrà essere previsto anche per gli anni successivi, previa emanazione di provvedimento legislativo che stanzi le occorrenti risorse finanziarie;
• per le aziende private che, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, siano in possesso della certificazione della parità di genere è riconosciuto un punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti;
• le amministrazioni aggiudicatrici adottano criteri premiali nella valutazione delle offerte per servizi, forniture, lavori e opere.
Dando seguito a tale ultima previsione, il legislatore (D.L. n. 36/2022) è intervenuto direttamente anche sul testo del Codice dei Contratti Pubblici, modificando l’art. 93 e l’art. 95 e prevedendo
- una riduzione del 30% dell’importo della garanzia per la partecipazione a gare pubbliche;
- l’indicazione da parte delle amministrazioni aggiudicatrici , nei bandi, avvisi e inviti, di maggiori punteggi per le offerte caratterizzate da politiche per la parità di genere “comprovata dal possesso di certificazione della parità di genere”.
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